IMPATTO ECONOMICO DEL SUPERBONUS: COME VALUTARLO?

IMPATTO ECONOMICO DEL SUPERBONUS

Come valutare l’impatto economico del Superbonus in modo corretto, considerando tutti i fattori economici, sociali e ambientali. Virginio Trivella fa un punto della situazione sulle ultime pubblicazioni di rapporti ed analisi sull’efficacia del superbonus e un invito ad avere una visione più ampia rispetto ai metodi tradizionali di calcolo.

Federico Fubini, Vicedirettore del Corriere della Sera, nel suo editoriale del 12 ottobre, parla dell’efficacia del superbonus citando i dati di un documento riservato dell’ENEA.  Fubini scrive che, secondo questo documento, “il Superbonus ha un’efficacia ambientale di circa il 28% inferiore per ogni euro investito rispetto al “vecchio” Ecobonus” in vigore in Italia dal 2014 al 2020.

Il giornalista spiega che questa riduzione è dovuta al forte aumento della domanda di interventi e alla speculazione in atto sui costi, che viene attribuita principalmente alla scarsa attenzione ai prezzi, perché con gli incentivi la spesa viene sostenuta dalle casse statali. Sempre citando ENEA, viene riportata una stima dell’aumento medio dei prezzi delle caldaie a condensazione del 286%, delle schermature solari del 225% e degli infissi del 208%.

Un articolo che ha prodotto un notevole “rumore”, ripreso su più siti e testate e che è stato seguito da un comunicato dell’ENEA che ha smentito di aver elaborato alcun documento specifico sugli impatti di questa misura, ma di aver fornito al MEF solo “un insieme di dati non elaborati aggiuntivi rispetto a quelli sui valori economici che vengono diffusi a cadenza mensile”.

Le preoccupazioni sull’incremento dei costi fanno eco alle recenti affermazioni del Ministro dell’Economia Daniele Franco in audizione sulla NADEF 2021 al Senato, preoccupato per il possibile “effetto stratosferico” sui conti e sul debito pubblico. Pur concordando sugli effetti positivi dei bonus in termini di sostegno al settore delle costruzioni e di spinta alla riconversione energetica del Paese, il Ministro ha paventato il rischio di “bolle e situazioni recessive”, concludendo che il superbonus “non è sostenibile alla lunga”.

Negli stessi giorni il Centro Studi CNI ha pubblicato un rapporto dal titolo L’impatto sociale ed economico dei Superbonus 110% per la ristrutturazione degli immobili: stime e scenari che fornisce una visione del tutto diversa.

Il Presidente CNI, Armando Zambrano, nella presentazione delle 32 pagine di documento, ha dichiarato che l’esame della sostenibilità del Superbonus per il bilancio dello Stato non può limitarsi solo agli aspetti economico-contabili. Il CNI ritiene che il Superbonus è in grado di attivare un valore aggiunto e genera un contributo alla formazione del PIL in misura tale da compensare le minori entrate dello Stato.

Il rapporto elaborata dal Centro Studi CNI – Fonte Fondazione CNI

Lo studio del CNI, così come il Rapporto Annuale 2020 del Cresme “Il recupero e la riqualificazione energetica del patrimonio edilizio: una stima dell’impatto delle misure di incentivazione” e quello prodotto da Open Economics e Luiss Business School a marzo 2021 sono concordi nel determinare che il costo per lo Stato è molto più basso delle risorse messe a disposizione.

Da tempo Rete IRENE sostiene che gli effetti del Superbonus non dovrebbero essere apprezzati con la metodologia adottata dal MEF: l’impatto economico del superbonus non dovrebbe essere misurato solo con le minori entrate fiscali, ma è necessario conteggiare anche le maggiori imposte sull’attività generata dagli incentivi e sul valore aggiunto indotto, oltre che le minori spese in altri capitoli del bilancio pubblico, come il minor sostegno alla disoccupazione. Di tutto questo si tiene poco o nessun conto nel calcolo della copertura finanziaria dei provvedimenti di incentivazione.

Per valutare l’impatto economico del Superbonus si veda per esempio il calcolo degli effetti sui saldi di finanza pubblica contenuto nel dossier “Profili finanziari” del Decreto Rilancio (pag. 157) che attribuisce al Superbonus la capacità di attivare investimenti netti per 13,5 miliardi a fronte di incentivi per 16 miliardi e di entrate fiscali indotte per poco più di 600 milioni, pari a meno del 5% della massa imponibile direttamente generata.

Questa narrazione fa apparire gli incentivi molto più costosi rispetto a quanto plausibilmente sono, ed è sistematicamente adottata per negare la possibilità del loro stabile inquadramento nel sistema fiscale, frustrando in tal modo anche l’opportunità di disporre di una politica economica coerente con gli obiettivi di decarbonizzazione.

Attribuire l’incremento dei costi alla speculazione degli operatori è superficiale e fuori luogo. Intanto, stiamo assistendo a fenomeni inflattivi che stanno interessando l’economia globale e che nel settore delle materie prime per l’edilizia si collocano a livelli inusitati.

Con riferimento al nostro Paese, non si può tacere che sia lo stesso rifiuto del MEF a definire un orizzonte temporale adeguato ad aver generato un’inaudita concentrazione di domanda in un periodo troppo limitato.

Questo non solo ha contribuito a far aumentare i prezzi, ma ha determinato anche l’affluenza di una quantità di operatori quanto meno estranei al settore (quando non del tutto improvvisati) e un eccesso di intermediazione che non si era mai visto. Fenomeno che è stato a sua volta sostenuto dalla scarsa prontezza del sistema finanziario a interagire direttamente e adeguatamente con le imprese edili.

Non si può continuare ad andare avanti a colpi di proroghe annuali o semestrali con la scusa del controllo della spesa pubblica.

In Italia abbiamo avuto il Nobel per la fisica per le ricerche sui sistemi complessi, e sembra che abbiamo difficoltà a individuare gli addendi fondamentali di una semplice somma algebrica. E questo mentre il Consiglio dell’Unione Europea si è espresso in modo netto e lusinghiero sui contenuti del PNRR italiano, menzionando specificamente il Superbonus e, in particolare, le opzioni alternative alla fruizione diretta delle detrazioni fiscali, sottolineando il loro ruolo nel compensare “il possibile disincentivo a non effettuare la ristrutturazione a causa degli elevati costi di investimento iniziali”.

Se si vuole far assestare il mercato su livelli corretti e consentire l’ordinata programmazione della transizione energetica non è necessario conservare il superbonus per sempre, ma è obbligatorio definire regole stabili e consentire agli operatori economici di poter pianificare il proprio futuro.

Il “rischio recessivo” paventato dal Ministro Franco sarà una certezza sancita dalla legge, se non si definirà una transizione verso un new normal graduale e annunciata con largo anticipo. Non si trascuri il contenzioso gigantesco che potrebbe essere generato da repentine mutazioni delle condizioni di incentivazione fiscale non mitigate da un adeguato periodo transitorio.

Non si possono cambiare le regole del gioco ogni due mesi. Mi pare ragionevole che dopo alcuni anni di stabilità – già abbondantemente dotati di copertura finanziaria, se correttamente calcolata – si possa mettere mano a quel “tagliando” dei bonus da lungo tempo auspicato, ma che sembra fuori dalla comprensione culturale dei partiti politici.

Questi infatti sono tutti appiattiti sulla soluzione semplicistica della percentuale unica di detrazione, che non è in grado di orientare alcunché, mentre i ministeri sembrano restii ad elaborare una razionalizzazione del sistema esistente, esageratamente complicato, in assenza di un chiaro mandato politico.

Si approfitti allora della riforma fiscale per definire un quadro stabile e razionale dell’incentivazione dell’edilizia, funzionale alla sistematica riqualificazione del patrimonio immobiliare e coerente con il processo globale di decarbonizzazione.

Quando sarà consolidata la funzione di motorino di avviamento dell’economia affidata al Superbonus, gli incentivi continueranno ad assolvere a una funzione di orientamento che tenga in considerazione l’interesse collettivo per l’abbattimento delle emissioni.

il World Energy Outlook 2021, pubblicato proprio oggi (14 ottobre 2021), mostra la distanza tra ciò che diciamo e ciò che facciamo: “Gli impegni attuali sul clima garantiscono solo il 20% della riduzione delle emissioni al 2030 necessaria per arrivare allo scenario di emissioni nette zero entro il 2050”.

Non è proprio il momento di abbassare lo sguardo.

Virginio Trivella, coordinatore del Comitato tecnico scientifico di Rete IRENE e consigliere delegato all’efficienza energetica della nuova presidenza di Assimpredil ANCE.

2 pensieri su “IMPATTO ECONOMICO DEL SUPERBONUS: COME VALUTARLO?

  1. Federico Sergio Zanotti dice:

    Bel lavoro,

    una delle poche analisi che con coerenze e chiarezza evidenzia ed analizza ragioni e soluzioni per il miglioramento dell’utilizzo di uno strumento capace di attivare l’economia migliorando il clima. Cosa volere di più per le future generazioni e per il nostro paese sempre alla ricerca della produttività perduta?
    Bravo Virginio

  2. Carlo Castoldi dice:

    Grazie Dott. Trivella ,
    È raro trovare un’analisi così precisa e puntuale di quanto incide il Superbonus e di quanto potrebbe incidere ancora in forma più organica se ci fosse una visione a più ampio respiro seguendo gli impegni 2039e 2050
    Grazie ancora e buon lavoro!
    P.s. Spero che il documento sia stato inviato a chi di dovere seguito da una sollecitazione ad ascoltare chi vive questi problemi in prima persona!

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