Il 4 giugno a Torino è stato siglato il Protocollo Aria Pulita un Piano d’azione che ha come obiettivo il contenimento dell’inquinamento atmosferico.
L’aria è un bene primario e ogni essere umano avrebbe diritto a respirarla in un ambiente pulito, ma così in realtà non è. La terra soffoca: l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha stimato che ogni anno muoiono 7 milioni di persone a causa dell’esposizione all’aria inquinata, un’emergenza sanitaria per la quale l’Onu ci invita a ridurre il nostro impatto ambientale.
Il Protocollo è stato firmato un giorno prima della celebrazione della Giornata mondiale dell’ambiente, quest’anno dedicata alla lotta all’inquinamento atmosferico, una delle più grandi sfide contemporanee.
L’Unione Europea ha come obiettivo una riduzione di almeno il 40% delle emissioni di gas serra entro 11 anni. La domanda è: riusciranno gli stati membri a rispettare questi propositi?
In Italia la costituzione del Protocollo Aria pulita rappresenta un Piano d’azione per il miglioramento della qualità dell’aria, con risorse economiche corrispondenti a 400 milioni di euro l’anno per il prossimo triennio 2019-2021. Un Protocollo d’intesa nazionale sottoscritto dal presidente del Consiglio, dai Ministri dell’Ambiente, Economia, Sviluppo Economico, Infrastrutture e trasporti, Politiche agricole, Salute, dal presidente della Regione Emilia-Romagna in qualità di presidente della Conferenza delle Regioni.
Cosa prevede nello specifico il Protocollo Aria Pulita:
- un gruppo di lavoro incaricato di individuare gli apporti inquinanti prodotti dall’agricoltura
- la promozione della mobilità sostenibile
- l’incentivazione degli impianti di riscaldamento a basso impatto nelle abitazioni
- l’eliminazione di impianti a biomassa
- programmi per la chiusura o la trasformazione degli impianti alimentati a carbone
In Italia è sicuramente nel bacino Padano la situazione di inquinamento atmosferico più preoccupante. Per l’Emilia-Romagna, la Lombardia, il Veneto e il Piemonte, il Protocollo Aria pulita prevede un investimento di 180 milioni l’anno di fondi nazionali per il prossimo triennio, con misure mirate a mitigare le emissioni in atmosfera relative ai tre settori, individuati come la principale causa di inquinamento: trasporti, agricoltura e riscaldamento domestico.
L’importanza di rendere gli impianti per il riscaldamento domestico più efficienti è fondamentale, ma stupisce che non sia integrata con un un piano di riqualificazione energetica degli edifici.
A cosa serve modernizzare i sistemi di climatizzazione se poi le case rimangono colabrodi energetici, involucri inefficiente caratterizzati da enormi dispersioni termiche che continuerebbero per l’inesistente o la scarsa coibentazione delle facciate, dei solai e delle coperture?
Da quanto emerge da un’elaborazione dell’Osservatorio Autopromotec sulla base di uno studio del Politecnico di Milano, a Milano gli impianti termici sono i principali responsabili di emissioni medie giornaliere di CO2 con il primato del 74%. Parliamo di un numero talmente alto che pianificare di rendere efficienti esclusivamente gli impianti e non pensare di coibentare l’involucro edilizio è l’equivalente di mettere un cerotto ad una ferita profonda che necessita di una sutura.
L’effettiva riduzione di sostanze inquinanti in ambiente è dovuta ad un’azione integrata che mira a ridurre drasticamente il fabbisogno di un edificio e a migliorarne la classe energetica.
Auspichiamo che il legislatore non limiti il piano di efficienza energetica alla sola componente impiantistica, ma che coinvolga anche l’involucro edilizio con un programma strategico per gli edifici energivori in un’ottica più ampia di riqualificazione territoriale e ambientale.