Il NUOVO PGT DEL COMUNE DI MILANO

PGT del Comune di Milano

Osservazioni e proposte di emendamento su PGT del Comune di Milano per una più vasta diffusione della rigenerazione degli immobili

Il 5 marzo 2019 è stato adottato il nuovo PGT del Comune di Milano, letteralmente il nuovo Piano di Governo del Territorio.

Tra i vari aspetti strategici che il PGT del Comune di Milano intende perseguire, notevole importanza è attribuita all’individuazione di nuovi standard di sostenibilità. Riconoscendo che il settore dell’edilizia gioca un ruolo chiave e si trova di fronte a una grande opportunità di rinnovamento, sono individuati gli obiettivi della riduzione dei consumi energetici e delle emissioni di gas serra, oltre che di una migliore capacità di gestione degli eventi climatici estremi. Si rende dunque necessaria la messa in atto di strumenti e tecnologie tra loro integrati per orientare i processi di trasformazione verso un percorso di innovazione sostenibile e resiliente.

Gli obiettivi individuati all’interno del PGT del Comune di Milano sono declinati nella Valutazione Ambientale Strategica ai capitoli 6.3.3.1 Consumi energetici e 6.3.3.2 Emissioni climalteranti: 600 kt di minori emissioni di CO2 e oltre 1700 GWh di energia risparmiata annualmente entro il 2030, che corrispondono rispettivamente a una riduzione del 21% e del 13% rispetto ai valori del 2016. Obiettivi che dovrebbero essere realizzati assoggettando ogni anno l’1% della superficie lorda esistente (SL) a interventi di riqualificazione importante (per l’81%) e di demolizione e ricostruzione (per il 19%). Numeri lontanissimi dalla realtà attuale, che dunque richiedono azioni importanti in discontinuità con il passato.

Più nel dettaglio, per gli interventi di demolizione e ricostruzione si ipotizza:

  • per il 25% della SL, il rispetto dei requisiti per gli edifici a energia quasi zero (ovvero lo standard obbligatorio nazionale per i nuovi edifici);
  • per il 25% della SL, il rispetto dei requisiti per gli edifici a energia quasi zero, con una copertura del 55% dei consumi da fonti rinnovabili;
  • per il 50% della SL, la riduzione dei consumi per riscaldamento e acqua calda sanitaria coerente con il raggiungimento di una prestazione energetica globale inferiore del 40% rispetto ai valori previsti dalle norme vigenti.

Per gli interventi di riqualificazione importante si ipotizza invece:

  • per il 25% della SL, la riduzione dei consumi per riscaldamento e produzione di acqua calda sanitaria pari al 20% rispetto allo stato di fatto (in genere realizzabile con interventi sugli impianti);
  • per il 25% della SL, la riduzione dei consumi per riscaldamento e acqua calda sanitaria pari al 40% rispetto allo stato di fatto (un obiettivo realizzabile con interventi estensivi sull’involucro, meglio se integrati con attività di efficientamento degli impianti);
  • per il 50% della SL, la riduzione dei consumi per riscaldamento e acqua calda sanitaria coerente con il raggiungimento di una prestazione energetica globale inferiore del 20% rispetto ai valori previsti dalle norme vigenti (un obiettivo quasi sempre al di fuori della portata degli interventi realizzabili sugli edifici abitati, ottenibile solo con ristrutturazioni importanti di primo livello attraverso una completa riconfigurazione delle caratteristiche dell’involucro e degli impianti).

Si osserva dunque, negli obiettivi prefigurati e inseriti all’interno del PGT del Comune di Milano, un marcato sbilanciamento sul contributo alla riduzione di consumi ed emissioni atteso grazie agli interventi più impegnativi (50%), che di norma richiedono il trasferimento dei residenti. Questo contributo, in termini di SL coinvolta, sarebbe pari a quello realizzabile attraverso gli interventi fattibili sugli edifici abitati.

A nostro parere questo sbilanciamento di obiettivi è inopportuno perché non concentra sufficiente attenzione sul vero bacino di potenziale e fattibile riduzione dei consumi che è costituito dagli edifici condominiali, per i quali il trasferimento dei residenti è semplicemente impensabile.

Gli strumenti per incidere attivamente sul rinnovamento del patrimonio edilizio e per stimolare il raggiungimento degli obiettivi sopra illustrati sono descritti nell’art. 10 delle Norme di attuazione. Su questo articolo si è focalizzata l’attenzione di Rete IRENE, che ha prodotto una serie di osservazioni e di proposte di emendamento inviate all’Amministrazione comunale entro il termine del 15 luglio.

In estrema sintesi, le osservazioni si sono concentrate su due punti: i livelli prestazionali obbligatori e gli incentivi.

I livelli prestazionali obbligatori (comma 3)

Si è osservato preliminarmente che, a causa delle loro peculiarità ed eterogeneità, sarebbe opportuno trattare gli interventi di manutenzione straordinaria in modo separato rispetto alle altre categorie di interventi più strutturati. Per questo tipo di attività si è proposto di considerare sufficienti i requisiti imposti dalla normativa sovraordinata, senza imporre livelli più esigenti che, essendo di realizzazione quasi impossibile, avrebbero l’unico effetto di indurre comportamenti elusivi o, peggio ancora, di scoraggiarne la realizzazione.

Si è invece sottolineato che, spesso, le attività sugli involucri edilizi sono qualificate da cittadini e operatori poco scrupolosi come interventi di mera manutenzione ordinaria, con la finalità di eludere gli obblighi di efficientamento energetico stabiliti dalle norme regionali e confidando nell’assenza di controlli su questo tipo di interventi. Risulta infatti che la competenza dell’Ufficio Contenimento delle Risorse energetiche nell’Edilizia (UCREdil) non sia estesa a questa categoria di attività.

Questa tendenza è deleteria e rende più difficile il perseguimento degli obiettivi di tutela ambientale. Lo sfruttamento delle “finestre di opportunità”, costituite dalle occasioni di manutenzione degli involucri edilizi che si ripetono con ciclicità di molti decenni, deve diventare un criterio prioritario e strategico. Il ruolo delle Amministrazioni locali nel controllo delle attività realizzate sul territorio è fondamentale.

Per i più strutturati interventi di restauro, risanamento conservativo e ristrutturazione edilizia si è osservato, in generale, che la configurazione della norma, basata sulla possibilità di scelta tra diverse combinazioni di requisiti elencati, estremamente eterogenei – alcuni quasi impossibili da realizzare, altri indeterminati e arbitrari – rende l’assolvimento dell’obbligo decisamente aleatorio. Questa circostanza finirebbe da un lato per orientare gli operatori verso i requisiti più facili da conseguire, dall’altro determinerebbe eccessivi condizionamenti e limitazioni delle scelte progettuali a favore di tecnologie asseritamente “innovative” ma con possibilità applicative controverse e ancora prive di standard condivisi.

È stata quindi proposta una diversa articolazione dei livelli prestazionali obbligatori, rinunciando a quelli più impegnativi (adottabili invece in via volontaria ai fini della fruizione di meccanismi di incentivazione) e focalizzando l’obbligo su parametri decisivi ai fini della riduzione degli sprechi energetici e delle emissioni. In particolare, si è suggerito di evitare di determinare situazioni arbitrarie di vantaggio legate alla possibilità di conseguire la prestazione obbligatoria semplicemente tramite l’allacciamento a reti di teleriscaldamento con fattore di conversione in energia primaria sufficientemente basso, tali da consolidare condizioni di spreco energetico e disincentivare gli interventi di riqualificazione di involucri edilizi inefficienti.

Per tutte le categorie di interventi, si è ritenuto interessante suggerire di stabilire l’obbligo di rendicontazione della riduzione prevista di emissioni annue di anidride carbonica (e di altri tipi di emissioni inquinanti locali). Questo adempimento, non particolarmente gravoso, potrebbe essere utile per aumentare la consapevolezza ambientale dei cittadini e consentirebbe all’Amministrazione comunale di raccogliere le informazioni necessarie per documentare il rispetto degli impegni assunti con l’adesione al Patto dei Sindaci.

Gli incentivi (comma 4)

Gli incentivi previsti nel nuovo PGT del Comune di Milano non sembrano però in grado di stimolare un’ampia diffusione delle attività di riqualificazione del patrimonio immobiliare costruito. È nostra opinione che la combinazione di requisiti obbligatori aleatori e di assenza di incentivi efficaci renda il conseguimento degli obiettivi di riduzione di consumi ed emissioni estremamente improbabile.

In particolare, gli interventi di manutenzione straordinaria, che sono quelli che hanno la maggiore potenzialità di essere realizzati nel prevalente comparto condominiale, sono del tutto privi di misure locali di stimolo. Si è dunque proposto di affiancare a quelli statali alcuni strumenti comunali di incentivazione, al fine di agevolare il conseguimento degli obiettivi. Risultati migliori possono essere ottenuti fissando requisiti ragionevoli (non necessariamente più severi di quelli stabiliti dalle norme sovraordinate) e incentivando adeguatamente l’iniziativa dei cittadini, meglio se in misura direttamente proporzionale al miglioramento rispetto alle soglie obbligatorie.

L’incentivazione statale è stata recentemente potenziata con nuove categorie di detrazioni fiscali interessanti (ecobonus per condomini, eco-sismabonus) e resa efficace con l’introduzione del meccanismo di cessione dei crediti d’imposta che risolve in parte la carenza di risorse finanziarie.

All’incentivazione locale dovrebbe essere assegnato un ruolo di ulteriore acceleratore e facilitatore degli interventi, diretto a rimuovere ostacoli e a favorire attività particolarmente virtuose o rispondenti a peculiari esigenze locali.

Gli incentivi e le agevolazioni proposte all’interno del PGT del Comune di Milano sono molteplici e la loro fruizione dovrebbe essere disciplinata dal Regolamento Edilizio definendo in modo accorto soglie di accesso, misure e condizioni:

  • incentivi volumetrici da utilizzare nell’ambito di riferimento oppure oggetto di trasferimento, rimuovendo però i vicoli che ne hanno finora impedita la fruizione; in particolare dovrebbero essere riviste le stringenti limitazioni alle altezze degli edifici, anche in coerenza con il più recente orientamento dell’Amministrazione comunale a questo proposito;
  • esenzioni o riduzioni di imposte locali (COSAP, ICP, TARI/TASI), congegnate in modo da assicurare invarianza di gettito per l’Amministrazione, che potrebbero essere condizionate al superamento di un determinato livello di integrazione dell’intervento di riqualificazione (per esempio, sostituzione dei serramenti vetusti di pertinenza non condominiale, oppure interventi combinati sull’involucro e sugli impianti, ecc.); in questo modo si contribuirebbe a superare alcuni limiti tipici delle attività sui condomini che l’attuale assetto degli incentivi statali non riesce ad affrontare adeguatamente;
  • liberalizzazione, semplificazione ed esenzione da oneri di attività di trasformazione architettonica delle facciate, qualora supportata da motivazioni energetiche, e di realizzazione di volumi aggiuntivi a destinazione tecnica, funzionale all’installazione di impianti di produzione di energia rinnovabile, o destinati ad attività di socializzazione condominiale. È il caso, per esempio, della chiusura di colonne di balconi e logge che, oltre a rispondere a criteri di efficientamento energetico, permette spesso di migliorare le caratteristiche estetiche e di decoro degli edifici; oppure è il caso dell’ottimizzazione dell’orientamento delle coperture, spesso sfruttabili solo in quota modesta per la produzione di energia da fonte solare.

In conclusione, siamo convinti che, più che ricercare l’eccellenza nel maggior numero di attività, che finirebbe per limitarle e concentrarle nei soli comparti a più alto valore aggiunto, sia più proficuo, ai fini dell’ottenimento di risultati quantitativamente rilevanti, cercare di stimolare la più ampia diffusione possibile di interventi fattibili sul vasto segmento degli edifici condominiali e conformi ai livelli di accettazione dei cittadini.

L’attivazione di un ampio mercato e di una consapevolezza diffusa dei vantaggi della riqualificazione deve avvenire prima dell’innalzamento dei livelli obbligatori, che potrà essere regolato gradualmente in una fase successiva, in concomitanza con il verificarsi di adeguati livelli di sviluppo e di maturazione.

Articolo realizzato da Virginio Trivella – Coordinatore del Comitato tecnico scientifico di Rete IRENE.

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