LA RIQUALIFICAZIONE EDILIZIA COME LEVA PER LA RIPRESA ECONOMICA E SOCIALE, DOPO IL COVID-19

Covid-19

In un’ottica ” post Covid-19 ” abbiamo deciso di contattare Edoardo Zanchini – Vicepresidente Nazionale di Legambiente, di recente intervistato da diverse fonti giornalistiche, per fornirci il suo punto di vista sull’attuale, e futura, situazione nazionale legata al mondo della riqualificazione energetica edilizia in Italia.

Edoardo Zanchini è Vicepresidente Nazionale di Legambiente dal 2011. Dal 1999 è Responsabile nazionale dei settori energia, trasporti e urbanistica. Membro del Consiglio Direttivo di FREE (associazione delle fonti rinnovabili e dell’efficienza energetica) e del Board del Renewable Grid initiative, oggi è sicuramente un portavoce autorevole a livello nazionale in materia di riqualificazione energetica.

Di recente ha parlato degli interventi di efficienza energetica, in particolare nell’edilizia, capaci, se diffusi a livello nazionale, di superare le cosiddette “grandi opere” in termini occupazionali e di rilancio dell’economia: vuole esprimere più nel dettaglio il Suo pensiero?

La domanda è di grande attualità perché è proprio oggi, in un periodo in cui l’Italia sta vivendo un dramma quale quello dell’emergenza sanitaria Covid-19, che bisogna immaginare una prospettiva di uscita dalla crisi che stiamo vivendo. Non c’è dubbio a mio parere che, se dobbiamo far ripartire l’economia appena sarà possibile e velocemente, creando vantaggi diffusi per le persone e per le aziende, una delle priorità sia spingere interventi diffusi di riqualificazione energetica in edilizia. Sono questi cantieri, molto più di quelli grandi, infatti i più veloci da mettere in campo e quelli che forniscono risultati tangibili a beneficio delle famiglie con una riduzione immediata delle bollette.

Ha espresso un grande rammarico per il fatto che in questi anni gli interventi di riqualificazione energetica si sono realizzati in numero troppo limitato; si è soffermato sul fatto che le forme di incentivazione attualmente previste sono frutto di provvedimenti non del tutto lineari: come potrebbe essere corretta questa situazione da parte dei Ministeri competenti piuttosto che dagli organi istituzionali?

In un Paese come l’Italia, in cui le risorse pubbliche per gli investimenti sono e saranno purtroppo limitate, bisogna spendere bene e con attenzione, facendo delle verifiche sull’efficacia degli incentivi stanziati in questi anni. Anche per capire come migliorare e correggere. Purtroppo in Italia non lo fa nessuno, neanche Enea. Ad esempio in questi anni sono stati fatti molti interventi in edilizia che hanno usufruito degli Ecobonus per che servivano a incentivare il miglioramento dell’efficienza energetica. Se uno va a vedere i risultati si sono finanziati milioni di sostituzioni di elettrodomestici e infissi, che vanno benissimo, ma oggi ha senso incentivare riqualificazioni complessive che permettono di ridurre i consumi delle famiglie.

Oggi abbiamo la possibilità con la certificazione energetica di prevedere e verificare i miglioramenti, i salti di classe. Stessa cosa vale per i condomini, dove gli Ecobonus sono stati una grande conquista. In Italia ci sono gli incentivi più generosi al mondo, pari al 75%, ma il risultato minimo che si richiede è il miglioramento di due classi energetiche. Considerando che la classe più diffusa in Italia è la G, la riduzione delle bollette per le famiglie può essere davvero minimo a fronte di un grande esborso di risorse da parte dello Stato. Non possiamo più sprecare risorse, e per questo chiediamo per l’accesso agli incentivi di garantire almeno una riduzione dei consumi del 50% o di raggiungere la classe B.

Ha suggerito che un più agevole accesso al credito delle famiglie potrebbe essere fondamentale per sbloccare questa situazione ingessata: vuol spiegare meglio, in questo senso, quale modello economico potrebbe avere grande efficacia?

Qual è il problema più grande che abbiamo oggi di fronte quando si tratta di attivare interventi di riqualificazione energetica? Sicuramente la mancanza di denaro da investire da parte delle famiglie, aggravata dalla crisi del Covid-19. Tutti i sondaggi confermano una grande predisposizione da parte delle famiglie verso interventi che permettono di ridurre i consumi in casa, di installare pannelli solari, di migliorare la qualità della vita. Oggi questi interventi sono sempre più convenienti, grazie alla riduzione dei costi e agli incentivi, ma i cantieri non partono. Per superare questa situazione dobbiamo introdurre uno strumento che in Italia non esiste, a differenza degli altri Paesi europei. Ossia un fondo per l’accesso al credito a tasso zero per le famiglie, finalizzato proprio a questi interventi. In questo momento sono in vigore fondi di questo tipo per le aziende e per l’acquisto di prime case, ma dobbiamo introdurlo per le famiglie se vogliamo aiutarle davvero a ridurre in modo strutturale la spesa energetica. E con rate di restituzione del prestito spalmate su dieci anni il costo per le famiglie è minimo mentre i vantaggi si vedono da subito e intanto facciamo aprire i cantieri.


In Italia si è manifestata assai di rado un’azione coordinata delle Istituzioni con quella delle Imprese private: non ritiene che proprio nell’ambito della riqualificazione energetica degli edifici esistenti, in larga parte di proprietà privata, ma con una rilevante quota di proprietà pubblica, si possano individuare sinergie e interessi condivisi tali da rendere di grande interesse la riqualificazione dell’intero nostro patrimonio edilizio?

Assolutamente sì ed è quanto mai necessario. In primo luogo dando ai Comuni strumenti nuovi: noi vorremmo che nelle aree delle nostre città afflitte da problemi sociali, dove c’è oggettivamente un difficile accesso agli Ecobonus, i Comuni possano avere qualche strumento in più a sostegno di interventi di riqualificazione. In che modo? L’Ecobonus prevede la cessione del credito anche nei confronti delle banche (unicamente per gli incapienti), se riuscissimo ad ampliare gli interventi di riqualificazione energetica con Ecobonus estesi a interi quartieri, anziché a singoli edifici, il Comune potrebbe favorire un’azione condivisa tra banche e imprese, in modo da operare in maniera diffusa che permetta una riqualificazione su scala urbana.

In secondo luogo, l’altro tema sul quale spingere è il patrimonio residenziale pubblico: all’estero proprio questi alloggi sono il laboratorio più ambizioso di riqualificazione energetica. Nel nostro Paese alcune aziende pubbliche che gestiscono il patrimonio edilizio sociale stanno facendo interventi puntuali, ma siamo lontanissimi da quanto ci sarebbe bisogno. Abbiamo bisogno di una spinta nazionale per innescare un cambiamento diffuso a vantaggio delle famiglie che più ne hanno bisogno.


Ritiene che un “manifesto” comune, condiviso e sottoscritto da membri della società civile, del mondo delle Imprese, delle Associazioni e degli Ordini Professionali, possa costituire un utile strumento di sollecitazione e di indirizzo per chiamare ad una concreta ed immediata azione la politica?

Si tratta senza dubbio di una buona idea e in questo momento storico servirebbe per dire due cose: in primis che esiste un mondo articolato, composto da soggetti della società civile, degli Ordini, delle Associazioni e delle imprese, che chiede alla politica di scegliere la riqualificazione edilizia come priorità di questa fase economica e sociale del Paese. In secondo luogo questo mondo articolato potrebbe con il Manifesto far capire intenti e proposte condivise, comunicando le proprie idee per far ripartire l’intero comparto edilizio a Governo e Parlamento. In questi anni qualcosa si è mosso con politiche di incentivo, ma oggi serve un salto di scala per spingere il cambiamento di cui abbiamo bisogno.

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