Il Financial Times ci punge col Superbonus, ma noi non riusciamo a guardare oltre

Il Financial Times e l'economia italia

L’articolo, pubblicato il 7 marzo sul Financial Times dal titolo Italy: Europe’s unlikely outperformer, come accaduto più volte nel nostro Paese quando si parla di Superbonus, ha dato il via a un muro contro muro di interpretazioni diverse, alcune a sostegno, alcune contro, alcune semplicemente più caute nel valutare luci ed ombre di questa misura”.

Questo modo di intendere il dibattito sulle politiche per l’efficienza energetica – Bonus sì o Bonus no? – è una peculiarità che non dovrebbe sorprenderci. Un piccolo aneddoto: qualche giorno fa, digitando Luci e ombre del Superbonus su Google, il motore di ricerca ha individuato oltre 54mila risultati, molti dei quali interventi di un dibattito fondato sull’aut-aut, sul capire – con argomenti da ambo le parti più o meno solidi – se la misura abbia in ultimo fatto bene o nuociuto al Paese.

In questo mio breve commento partirei non dai numeri, sebbene importanti, ma dalle parole utilizzate. Il titolo è già una bella premessa “Italia: improbabile outperformer dell’Europa”, e poi un altro passaggio che tradotto riporta “stiamo parlando dell’Italia – l’economia stagnante a lungo termine”.

Mi hanno colpito fortemente queste parole che descrivono il nostro Paese come lento, poco innovativo, sicuramente non strategico e senza una politica lungimirante. A conferma di ciò la chiusura dell’articolo che ci dipinge una Nazione incapace di affrontare le sfide a lungo termine, come la scarsa crescita della produttività e la popolazione più anziana d’Europa.

Il tema non è il Superbonus. O meglio: è, a prescindere, un modo italiano di guardare alla politica economica, che interessa il Superbonus come tante altre misure. Ma noi – e in questo il Financial Times ha particolarmente colpito nel segno – torniamo a parlare di una singola misura quando l’articolo non parla tanto di Superbonus, quanto di sistema-Italia anche attraverso il Superbonus (cosa che lucidamente Stefano Rizzuto evidenzia su “La Notizia”: “Cosa dice davvero il Financial Times sul Superbonus”).

Le performance dell’Italia, che l’articolo considera “insolitamente forti”, sono sì attribuite per gran parte al Superbonus, definito un generoso sgravio fiscale che ha permesso alla produzione edilizia italiana un incremento del 40% rispetto al pre-Covid. Questo dato comparato con il resto dei Paesi dell’Eurozona: -13% in Spagna, -7% in Germania, diventa un dato impressionante.

Ma il Financial Times poi ribadisce i problemi, dei quali siamo ampiamente a conoscenza: il deficit di bilancio nel 2023 è stato pari al 7,2% del PIL, che rispecchia il doppio della media dell’Eurozona in un Paese con uno dei più alti debiti pubblici. 

È solo con questo assunto che, secondo noi, si può davvero passare utilmente a una discussione sui numeri e i report esposti dal Financial Times, e in generale sul ruolo che le politiche per la riqualificazione edilizia possono avere per la crescita del Paese.

Come Rete Irene, da tempo sosteniamo che sia il momento di guardare oltre il Superbonus, tornare a parlare di sfide e di strumenti per superarle, come peraltro ci invita a fare l’Unione Europea con la Direttiva EPBD.

È il momento di non parlare più della storia di una misura, ma del futuro della riqualificazione edilizia.

Abbiamo lavorato tanto negli ultimi 3 anni, con 196 cantieri realizzati sostanzialmente nelle aree più bisognose e laddove vi era la maggiore necessità di utilizzare un incentivo così performante. Questo nonostante un quadro incerto e pieni di continue modifiche e correttivi che sicuramente non hanno agevolato la gestione corrente tecnica, fiscale e finanziaria – aspetto, quello dell’instabilità normativa, che peraltro sfugge al Financial Times ma che nella nostra prospettiva italiana conosciamo molto bene.

L’Italia è un Paese ricco di risorse e con un tessuto imprenditoriale diffuso, ma anche con tanti edifici energivori: spendiamo 90 miliardi all’anno in energia, ben consci che di questi 90 miliardi circa il 40% è una spesa legata all’alimentazione degli edifici esistenti. Inoltre, questa elevata spesa si traduce in una dipendenza da fornitori stranieri, rendendo particolarmente evidenti ulteriori criticità di carattere strategico – legate ad esempio alla dipendenza energetica, ma anche alla migrazione verso l’estero di capitali che potrebbero essere investiti internamente nel rinnovamento energetico degli edifici esistenti. A ciò non possono che aggiungersi temi come la penetrazione delle rinnovabili, il miglioramento sismico, e anche il raffrescamento estivo – tema quest’ultimo particolarmente urgente considerate le temperature sempre più estreme che stanno venendo registrate negli ultimi anni.

Siamo consapevoli del contributo dell’incentivo 110 allo Stato in termini di entrate fiscali e forte diminuzione della disoccupazione, ma siamo anche consapevoli del costo per il nostro Paese. Questo costo attualmente è riportato esclusivamente senza tenere in considerazione tutti gli effetti positivi collaterali e le adeguate ricadute in termini di benefici per la collettività.

Rete Irene con ASSOCOND CO.NA.F.I. ha messo la sua esperienza a servizio della comunità, elaborando una proposta di Riordino dei Bonus Edilizi con l’obiettivo di creare un contesto fiscale e normativo stabile, sostenibile per le finanze pubbliche e che favorisca l’efficientamento energetico.

Abbiamo delle sfide importanti nei prossimi mesi/anni in linea con quanto richiesto con la Direttiva EPBD Case Green, tutelando il nostro Paese attraverso:

  • Risparmio energetico per consumatori e sicurezza nazionale.
  • Risultati ambientali e sociali, inclusi accesso per bassi redditi e miglioramento sismico.
  • Supporto a un settore chiave per il PIL.
  • Contenimento oneri statali e prevenzione frodi.
  • Stabilità normativa per operatori e proprietari.

Dimostriamo che l’Italia non ha un’economia stagnante e lenta.

Manuel Castoldi, Presidente di Rete Irene.