Perche’ i crediti cedibili non fanno aumentare il debito pubblico

crediti cedibili

Alcune riflessioni sulla classificazione da parte di Eurostat dei crediti cedibili in “pagabili” o “non pagabili” in attesa dell’audizione di Eurostat nella Commissione Finanze del Senato, domani 14 febbraio. 

Virginio Trivella, Coordinatore del comitato tecnico scientifico di Rete Irene, spiega nel dettaglio come la classificazione dei crediti cedibili, qualsiasi sia la decisione di Eurostat, non produrrà alcun effetto sul debito pubblico. 

I PASSAGGI FONDAMENTALI

La classificazione in pagabili o non pagabili dei crediti cedibili d’imposta riguarda solo il momento della contabilizzazione della spesa fiscale nell’anno di realizzazione dell’investimento o negli anni di fruizione delle detrazioni fiscali, questo significa che incide solo sul calcolo del deficit dei singoli anni e non ha alcun effetto sui flussi di cassa dello Stato.

Non solo quindi NON inciderebbero sul debito pubblico, ma rappresentano un’opportunità sui conti della stabilità dello Stato, con una possibilità di ulteriori miglioramenti negli anni futuri.

Ne parla dettagliatamente Enrico ZANETTI, deputato della XVII legislatura e Viceministro dell’Economia e delle Finanze dal 2014 al 2016, in un articolo pubblicato su EUTEKNE!INFO l’11 febbraio scorso.

COSA AUSPICHIAMO

Fondamentale è la revisione del calcolo del deficit che dovrebbe necessariamente tenere in considerazione la notevole quantità di entrate fiscali indotte dalla realizzazione delle attività incentivate. Entrate fiscali già ampiamente documentate da dossier tecnici referenziati, ultimi in ordine cronologico:

Nella revisione del calcolo deficit/PIL si potrebbe considerare la possibilità di escludere la quota di deficit riconducibile agli investimenti riferibili alla transizione ecologica. Un tema sul quale si auspica di avere il consenso comunitario degli altri Paesi, molti dei quali coinvolti come l’Italia, negli ambiziosi obiettivi di raggiungere gli elevati standard Europei “Fit for 55”.

IL FUTURO

La legislazione Italiana deve recepire la Direttiva sull’efficienza energetica degli edifici EPBD, con una strategia che includa il numero di interventi di riqualificazione degli edifici esistenti, in funzione della riduzione di emissioni e dei consumi di energia nel medio e lungo periodo. Questa strategia dovrebbe essere necessariamente accompagnata da strumenti di supporto finanziario adeguati a sostenere gli investimenti nel lungo periodo. 

Sfruttare gli errori fatti in passato, per studiare un incentivo che riesca in modo stabile a combinare l’effetto della % di detrazione con la sua possibilità di cessione del credito. Solo in questo modo è possibile garantire la reale fattività degli interventi e assicurare l’equità sociale necessaria, contrastando in via definitiva possibili speculazioni.

Il controllo dell’entità della spesa fiscale, assistito da un attento monitoraggio, non dovrebbe essere funzione della sola intensità degli incentivi, ma dovrebbe essere legato a una pluralità di fattori che, oltre alla curva delle detrazioni, includa i requisiti di accesso, la durata delle detrazioni e il bilanciamento della platea dei destinatari e dei beneficiari.

In questo modo si controllerebbe non solo la quantità degli incentivi, ma anche la loro qualità.

Leggi l’articolo completo di virginio trivella

Leggi l’articolo di Enrico Zanetti

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