TITOLI ABITATIVI E CONFORMITÀ URBANISTICA: FACCIAMO CHIAREZZA SU COME FARE LE VERIFICHE

conformità urbanistica

Nell’ambito della nostra rubrica di servizio all’utente finale, dove spieghiamo con parole semplici il Superbonus e i suoi meccanismi, approfondiamo il tema della conformità urbanistica.

L’Ing. Giuseppe Gioia ci riporta la sua esperienza per illustrare quelli che sono gli aspetti più rilevanti e le normative per definire lo stato legittimo di un immobile, soprattutto ci spiega cosa attesta, giuridicamente, l’atto di compravendita immobiliare.

Capita, in questi giorni di rilievi e accesso agli atti nonché di accertamenti per determinare lo stato legittimo, che alcuni edifici manifestino delle difformità più o meno importanti.

Posto come condizione iniziale che l’esito della nostra attività di rilevatori è un fatto scientifico che si basa su un procedimento semplice di diagnosi-prognosi, esterno alcune considerazioni che, ormai, vado ripetendo come un mantra.

Di fatto, noi svolgiamo la stessa attività del medico di famiglia attraverso la conoscenza del malato (l’immobile da analizzare), svolgendo la ricerca delle cause in occasione di eventuali malattie (e del reperimento dei documenti di solito dispersi in vari meandri), valutando le consistenze (immobiliari e documentali) nonché mediante l’individuazione delle soluzioni applicabili al caso di studio.

Alla fine si emette un giudizio di previsione sul probabile andamento della malattia.
Non è detto, alla luce della diagnosi, che ci sia una soluzione comoda e/o facile.
Ossia nello specifico: non tutti gli abusi sono sanabili perché come non c’è la cura (facile, indolore, simpatica) per tutte le malattie, anche in campo urbanistico potrebbe non esserci soluzione.

I problemi più importanti nell’immobile, di fatto, si hanno quando si riscontra un abuso non sanabile quali eccesso di volumetria (o superficie coperta), variazioni di altezze (oltre i limiti di zona) eccedenti i limiti ammessi e di tolleranza (ossia tutte le volte che manca la doppia conformità).
In questi casi si deve intervenire drasticamente (mediante demolizioni) se si vuole ripristinare lo stato legittimo.

Facile a dirsi, ma di fronte al problema che il tecnico presenta al cliente, allora, capita di sentirsi ripetere qualche frase: “ma il notaio mi ha fatto l’atto…” oppure “ma non se ne è mai accorto nessuno…” oppure “…ma è così da 50 anni...”.

In tutti questi casi mi spiace dover ripetere che, no, la compravendita, benché sancita da un Notaio, non legittima l’esistenza urbanistica/edilizia/catastale di un immobile. Certifica solo un passaggio di proprietà. E per questo non è TITOLO EDILIZIO VALIDO.
E anche: NO, il TEMPO NON SANA nulla.

Quindi, se avete realizzato un abuso immobiliare e lo avete compravenduto, sempre abuso immobiliare rimane. E rimane tale anche se lo avete acquistato tramite il Notaio il quale certifica solo l’avvenuto passaggio di proprietà. La compravendita non è la magia cambiaforma né costituisce atto di legittimazione/conformità urbanistica. Il tempo non fa dimenticare l’assenza di titolo autorizzativo che, infatti, viene rilasciato da ENTE preposto (il Comune).

Ricordo che l’abuso edilizio è un reato e che l’abuso, in quanto reato, non scompare finché il reato permane, quindi: o l’abuso (o difformità) è sanabile oppure, in quanto reato, deve essere rimosso (mediante demolizione la quale, non potendo essere chirurgica, può avere una serie di attenuanti e limitazioni, ma questo è un altro capitolo).
La conformità urbanistica, quindi, è ALTRO dalla compravendita.

Se volessimo, in estrema sintesi, riportare un minimo di ordine con un quadro solo temporalmente elencativo che, in base all’epoca di costruzione e localizzazione della stessa nonché fatte salve previsioni/prescrizioni più restrittive dei regolamenti edilizi, si potrebbe proporre la seguente semplificazione:

  • Costruzioni ANTE 1942 – sia all’interno che all’esterno dei centri abitati, gli interventi eseguiti in assenza di titoli edilizi o in difformità da essi sono legittimi, fatto salvo verificare eventuali previgenti obblighi di licenza edilizia o nulla osta prescritti da regolamenti locali o edilizi, anche se precedenti alla L. 1150/42 e alla Costituzione (Cons. di Stato n. 1996/2017);
  • Costruzioni DAL 1942 AL 1967 – all’interno dei centri abitati gli interventi eseguiti in assenza di licenza o difformità da essa non sono legittimi;
  • Costruzioni DAL 1942 AL 1967 – all’esterno dei centri abitati gli interventi eseguiti in assenza di licenza o difformità da essa sono legittimi, salvo diversa regolamentazione edilizia/locale;
  • Costruzioni DAL 1967 AD OGGI – in tutto il territorio comunale gli interventi eseguiti in assenza di titolo o difformità dal esso non sono legittimi.

Il tutto, ovviamente, fatto salvo:
– Quanto riportato in Piano Regolatore Generale, Piano di Fabbricazione e/o Regolamenti edilizi vigenti all’epoca;
– La verifica di una, eventuale, previgente serie di vincoli;
– La verifica di eventuale rilascio di Condoni e sanatorie edilizie.

La LEGITTIMAZIONE URBANISTICA di un immobile, pertanto, corrisponde all’insieme delle pratiche edilizie che hanno portato a legittimare sul piano urbanistico l’edificio e/o delle relative porzioni trasformate con interventi successivi.

Ossia ad esempio: un edificio realizzato ante 1942 è sempre legittimo, ma le azioni svolte su di esso, post 1967 e senza alcuna pratica edilizia, non lo sono mai. Ergo il risultato è la presenza di uno, o più, abusi.

Con la data di entrata in vigore della Legge “Ponte” n. 765/1967 il Legislatore individuò lo “spartiacque”, o meglio, la data a partire dalla quale fu esteso a tutto il territorio comunale l’obbligo di costruire con licenza edilizia a prescindere dalla dotazione o meno di strumenti urbanistici da parte dei Comuni.

La confusione, nei non addetti ai lavori, nasce con l’art. 40 c. 3 della Legge 47/85 con la quale il Legislatore introdusse anche l’obbligo di citare negli atti di compravendita immobiliare gli estremi delle licenze edilizie, concessioni edilizie e concessioni in sanatoria, specificando la fattispecie relativa alle “opere iniziate anteriormente al 2 settembre 1967”, giorno successivo all’entrata in vigore della Legge n. 765/1967.

Questa disposizione, in particolare, vale SOLAMENTE negli atti di trasferimento o per la costituzione di diritti reali su edifici. Con questa dichiarazione, poi, la parte venditrice attesta SOLO che i lavori di costruzione dell’immobile sono iniziati anteriormente al 1° settembre 1967, NON CERTAMENTE la regolarità urbanistica/edilizia/catastale.

Evidenzio, infine, che questa procedura è solo una SEMPLIFICAZIONE procedurale poiché in nessuna ipotesi può aversi l’efficacia sostitutiva di un atto abilitativo o di licenza edilizia attraverso un’autodichiarazione (altrimenti tutti edificheremo sulla parola e ovunque ci garba).

Tale procedura, poi, non esenta il Venditore dalle responsabilità e dagli oneri relativi alla Legittimazione/Conformità urbanistica dell’oggetto di vendita (l’immobile).

Quindi: aver ricevuto un immobile attraverso una compravendita, non è sinonimo di regolarità urbanistica dello stesso. E neppure il Notaio, nell’atto di compravendita, ha la capacità di attestare il fatto urbanistico … Non è sua competenza e non rientra tra le facoltà concessegli.

Ringraziamo l’Ing. Giuseppe Gioia per aver collaborato alla rubrica “Bonus edilizia facile”.

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