In questo difficile momento storico poniamo alcune riflessioni comuni sul consumo energetico nei fabbricati, sull’importanza della riqualificazione degli edifici e sul Superbonus 110, invitando all’azione: ORA O MAI PIU’!
Proviamo a fare un’analisi attenta e per una volta a dirci la verità: l’Italia non è mai stata particolarmente lungimirante nell’adottare misure di contenimento energetico o nell’adottare politiche energetiche a favore di una produzione attenta volta al benessere di famiglie ed imprese.
Storicamente siamo un Paese energivoro.
Storicamente abbiamo progettato, costruito e manutenuto con sistemi tradizionali senza curarci di temi quali l’isolamento termico e l’efficienza impiantistica, necessari a ridurre il consumo energetico nei fabbricati.
Questo è un dato di fatto.
Nel corso degli ultimi anni abbiamo assistito ad un’azione volta a recuperare il tempo perso ed il gap che scontiamo con i partner europei.
Dalla lontana introduzione del DL 311 (2006) fino ai giorni attuali il nostro Paese ha tentato di porre rimedio, ma oggettivamente ha fatto ben poco e con scarsi risultati.
L’introduzione del Superbonus 110 ha sicuramente messo in atto un volume di interventi mai visto prima, ma ha anche portato alla luce evidenti lacune su cosa significa fare un intervento di riqualificazione energetica: un intervento che in maniera concreta porti verso una riduzione dei fabbisogni abbattendo drasticamente il consumo energetico nei fabbricati.
In molti casi ci siamo fatti trovare impreparati e più attenti a non perdere l’occasione del momento che volti a verificare come venivano fatte le cose. Il bene comune si è trasformato nel bene momentaneo del nostro portafoglio: questo è un grave errore.
Di questo ne paghiamo le conseguenze oggi, e probabilmente ne pagheremo le conseguenze domani.
È sempre più necessario porre attenzione a ciò che stiamo andando a fare oggi, progettandolo e realizzandolo, proprio per offrire al legislatore elementi veri e concreti a supporto delle iniziative fiscali che ci vengono offerte per lo sviluppo delle nostre attività quotidiane.
Cosa costa fare bene le cose? Certo bisogna saperle fare, e questo sicuramente non è per tutti, ma neanche per così pochi. Serve studio, conoscenza, senso etico e sociale … e molta passione unita ad una visione strategica di lungo periodo e non nell’immediato!
Ma solo così si potrà offrire al mercato, a tutta la filiera ed al legislatore un risultato suffragato da dati concreti e reali che possano far capire il vero significato del progetto di riqualificazione energetica degli edifici esistenti del Paese Italia.
Avere dati certificati che portano verso la riduzione di emissioni di CO2 pari ad oltre 500.000 kg e contestualmente una riduzione di energia primaria da fonte non rinnovabile per oltre 3.300.000 kw/h anno su un singolo intervento di poco più di 400 famiglie deve farci riflettere e deve farci capire quanto sia importante intervenire con qualità e forza verso un intero mercato ed un intero Paese. Il risultato che possiamo (dobbiamo) ottenere è straordinario.
Oggi più che mai è fondamentale ridurre i consumi energetici (che per noi sono acquisti e non produzione). Portare il Paese verso quella che tutti amano chiamare “transizione ecologica” (che cosa sarà mai?) deve essere la sfida a cui tutti siamo chiamati ed a cui tutti dobbiamo partecipare, senza se e senza ma.
Un ma però c’è: non si arriverà mai da nessuna parte e non si raggiungerà mai nessun obiettivo energetico se prima non si interverrà sulla riduzione del consumo energetico nei fabbricati. Quindi se non si isolano gli edifici unendo a tale processo una componente tecnologica con impianti di nuova generazione (integrazione edificio-impianto) resta molto poco da fare.
Siamo di parte? Può essere, ma studiamo e guardiamo oltre i nostri confini.
Il governo olandese ha recentemente lanciato una campagna per invitare i cittadini a consumare meno gas, al fine di ridurre la dipendenza del paese dalle importazioni di combustibile russo. Ingrida Simonyte, Premier della Lituania ha annunciato che saranno il primo Paese Ue a rifiutare l’importazione di gas dalla Russia.
Questi paesi del Nord Europa possono permettersi la riduzione dei consumi energetici perché negli anni precedenti hanno adottato politiche che hanno permesso agli uffici pubblici e alle abitazioni residenziali di ridurre il consumo energetico nei fabbricati, con un profondo isolamento termico dell’involucro, l’installazione di impianti di nuova generazione e l’intensificazione dell’energia rinnovabili. Quindi hanno edifici che possono ridurre i consumi, noi no.
E questi sono solo due esempi, Francia, Germania, Austria, Svizzera, Inghilterra, Paesi dell’est Europa e chi più ne ha più ne metta, hanno da decenni adottato politiche di salvaguardia del proprio patrimonio edilizio con profonda attenzione e cura verso i temi dell’efficientamento energetico. Noi abbiamo avuto cura del mattone e degli intonaci …. è un altro dato di fatto.
Il nostro Paese non ha cavalcato l’onda europea di innovazione, non ha perseguito la strada del cambiamento che il mercato chiedeva ed imponeva. L’Italia ha uno dei patrimoni edilizi più vetusti ed energivori della Comunità Europea, sui quali la prima strategia da adottare sarebbe intervenire per ridurre drasticamente il consumo energetico nei fabbricati, in modo da consentire una programmazione per una reale transizione energetica.
In questo modo si inizia quel processo di interruzione di totale dipendenza dell’approvvigionamento da altri Stati e si può studiare una pianificazione per avere una produzione energetica nazionale e il più possibile sostenibile. Ma tutto questo non si può fare in un anno o due: il processo è lungo e si deve partire oggi per il bene del paese e dell’ambiente, altrimenti non ci sarà un futuro.
In questi giorni si sente parlare di un cambio di strategia sul PNRR: viene chiesto a gran voce da tutti gli operatori un nuovo assetto del PNRR ed una maggiore attenzione verso la produzione di energia.
Tutto molto corretto, ma il rischio che si adottino politiche sbagliate per mancanza di lungimiranza o conoscenza è dietro l’angolo.
Il PNRR andrebbe rivisto dedicando una fetta significativa dello stesso verso gli interventi di riqualificazione energetica degli edifici esistenti, insieme ad una presa di coscienza che gli incentivi fiscali e la cedibilità dei crediti devono essere resi strutturali fino al 2030.
Senza una presa di coscienza verso tale direzione ogni sforzo che andremo a fare come Paese non porterà verso l’obiettivo comune di cui tutti parliamo ( e ci riempiamo la bocca).
Sentire parlare di riaprire le centrali a carbone è un fatto grave e di totale regressione, senza alcuna possibilità di futuro.
La primaria riduzione di consumo energetico non è solo imposta dal drammatico momento storico, ma imposta dalla necessità di salvaguardare il pianeta e lo sviluppo sociale ed economico del paese intero.
Il nuovo rapporto IPCC pubblicato a febbraio conferma le minacce agli ecosistemi e all’uomo, incitando la comunità globale ad adottare politiche di lungo periodo. Hoesung Lee, Presidente IPCC, ha spiegato che il rapporto è un terribile avvertimento sulle conseguenze dell’inazione e dimostra che il cambiamento climatico è una minaccia grave e crescente per il nostro benessere e per un pianeta sano.
La crisi idrica e l’aumento delle temperature del Mediterraneo sono un ulteriore monito. Purtroppo interessi economici in primis, la Pandemia, l’attuale conflitto Russo – Ucraino catalizzano l’attenzione sulle emergenze umanitarie più immediate. La paura è arrivare ad una situazione non più sanabile dal punto di vista ambientale e quindi è necessario intervenire, perché la capacità e gli strumenti li abbiamo.
L’attuale politica Italiana ha creato uno stallo nel settore della Riqualificazione energetica, con conseguenti perdite economiche e finanziarie drammatiche. Il Centro studi di Confindustria stima una crescita del Pil 2022 tagliata a +1,9%, con un’ampia revisione al ribasso rispetto alle stime dello scorso ottobre. Numeri definiti spaventosi con un caro-energia che mette a rischio anche gli effetti positivi del PNRR.
Il tutto, in maniera assolutamente assurda, in netto contrasto con quanto il Ministro Franco ed il Presidente Draghi ci hanno detto a fine Ottobre 2021 durante la presentazione della legge di bilancio 2022 dove in maniera forte e chiara si sanciva che l’apporto del Superbonus 110 aveva generato sul PIL 2021 un valore pari ad oltre 2 punti percentuali.
Quindi di cosa stiamo parlando? Non è forse questo che il Paese attende e che si merita? Non è forse questa la strada per il rilancio economico e sociale del Paese Italia? Cosa aspettiamo?
Domande alle quali la politica deve fornire immediatamente una risposta netta e chiara!
Dati che poi nei mesi a seguire sono stati confermati da Enea, da Agenzia delle Entrate e negli ultimi giorni anche dal Direttore Generale di ABI, Giovanni Sabatini, in audizione al Senato “Esame del disegno di legge AS 2564, di conversione del decreto-legge 21 marzo 2022, n. 21” che ha dichiarato – Il meccanismo della cessione del credito fiscale (unitamente allo sconto in fattura), infatti, ha costituito sin dalla sua introduzione un volano per favorire la crescita degli investimenti agevolati e, per questa via, ha sicuramente contribuito in misura significativa al recupero del Pil. Esso sostiene la ripresa dell’economia – a fronte del periodo emergenziale in corso- consentendo di monetizzare sin da subito il beneficio fiscale altrimenti utilizzabile in un prolungato arco temporale e garantendo, dunque, maggiore liquidità immediata a famiglie e imprese. Inoltre, da un lato vengono immesse maggiori risorse a disposizione dei contribuenti, aumentandone la propensione alla spesa e, dall’altro, l’edilizia e il suo indotto, uno dei settori a più alto contributo del PIL nazionale, ricevono una maggiore spinta propulsiva. Dall’analisi dei report mensili ENEA relativi all’evoluzione delle detrazioni fiscali in materia di Super Ecobonus 110% emerge che nel periodo agosto 2021 – febbraio 2022 le detrazioni fiscali maturate per i lavori conclusi sono quasi quadruplicate, passando da 4,3 miliardi a 16,25 miliardi di euro di valore.” LINK ALL’AUDIZIONE COMPLETA
Le conseguenze dell’inazione e il solo agire “a parole” ci fa perdere l’opportunità di fare sviluppo economico e sociale, utilizzare le risorse importanti del PNRR e contribuire a portare il paese verso una condizione di autonomia energetica.
Serve alzare la voce e dare un forte impulso ad una politica che da anni continua ad essere miope e chiusa a riccio su posizioni di difesa (di se stessa) senza alcuna visione strategica del futuro e del Paese.
Se non iniziamo a muoverci in tale direzione non potremmo mai ottenere una vera e propria decarbonizzazione, condizione necessaria e sufficiente alla sostenibilità e alla sopravvivenza.
Manuel Castoldi, Presidente di Rete IRENE