LA CRISI ENERGETICA DA UN PUNTO DI VISTA INTERESSATO MA OGGETTIVO

crisi energetica

Manuel Castoldi, Presidente di RETE IRENE.

Nel corso degli ultimi mesi, e più pesantemente nel corso delle ultime settimane, non si parla d’altro: la crisi energetica che ha colpito il nostro Paese con un forte e profondo danno alle imprese, industrie e famiglie che non ha precedenti e sta segnando una crepa che difficilmente potrà essere sanata.

Ogni media, ogni dibattito politico ed economico si fonda sulla crisi energetica con prese di posizione che guardano al futuro e non offrono alcuna certezza nell’immediato. 

Nucleare, rigassificatori, fotovoltaico, eolico, auto elettriche, tutte soluzioni che potranno aiutare il Paese nel prossimo futuro, ma il problema nell’immediato non viene contemplato.

CRISI ENERGETICA: IL PROBLEMA È OGGI, DOMANI È TARDI 

Il sistema produttivo del nostro Paese rischia di essere messo in ginocchio tra meno di un mese e le famiglie rischiano di non riuscire a pagare un conto altissimo nei mesi a venire: il prossimo e futuro Governo rischia di insediarsi in una situazione drammatica con produzioni ferme e posti di lavoro persi. 

Ci sono comparti produttivi che rischiano il blocco o la chiusura quali ad esempio quello tessile, ceramico, siderurgico, quello delle cartiere e molti altri ancora. È evidente che serve un intervento straordinario, di finanza straordinaria, a sostegno della nostra economia come fatto in passato durante la pandemia del Covid-19. Ed è evidente che serve oggi.

Ma questa misura viene contestata da molti politici perché passibile di scostamenti di bilancio e nuovo debito. 

Quello che sconcerta è la completa mancanza di visione e di lucidità che ha la classe dirigente di questo Paese. 

I 2 MACRO TEMI DA AFFRONTARE PER RISOLVERE LA CRISI ENERGETICA

Sono 2 i macro-temi che devono essere affrontati per permetterci una visione futura del sistema energetico del nostro Paese ed uno scostamento di bilancio:

  1. Ridurre drasticamente i consumi energetici
  2. Investire in processi di autonomia energetica 

È indiscutibile che va avviato urgentemente uno strutturato percorso di investimento per rendere nel prossimo futuro il Paese il più autonomo possibile. Sul secondo tema, sul quale si investe molto a parole, abbiamo le tecnologie e le competenze ma i tempi di realizzazione non possono offrire una soluzione ON-OFF.

Sul primo tema invece è sconcertante su come non vi sia da parte di nessun partito politico (a dire il vero con una singola eccezione) l’attenzione dovuta verso quella che è una soluzione pronta, comprovata e di facile attuazione

La riduzione dei consumi energetici passa necessariamente da un piano di interventi di riqualificazione energetica del patrimonio edilizio esistente. 

Sono i dati a dirlo ed a dimostrarlo: il Ministro Roberto Cingolani durante l’evento di Enea “Azioni su riduzione del fabbisogno nazionale di gas nel settore residenziale” del 11 luglio scorso, ha indicato che oltre il 30% dei consumi energetici complessivi del nostro Paese sono impiegati per il riscaldamento degli edifici.  

CRISI ENERGETICA: RIDURRE IL FABBISOGNO DEGLI EDIFICI

Intervenire sugli edifici riducendo il fabbisogno energetico primario significa poter dimezzare (minimo) questo consumo, e conseguentemente significa liberare ingenti risorse economiche a vantaggio, e sostegno, di tutte quelle categorie che oggi ne pagano il prezzo e che non riescono più ad andare avanti.

In questo modo si può attuare quella solidarietà dovuta a sostegno dei settori maggiormente colpiti, che indirettamente comunque colpiscono anche la parte produttiva meno energivora. 

Un esempio? Prendiamo in considerazione il valore della bolletta energetica per l’approvvigionamento di energia dall’estero del Paese Italia, nel 2019 Pre-Covid, era pari a 40 miliari di euro/anno (fonte UNEM su dati Istat e Ministero dello Sviluppo Economico). Il 30% di questo “costo bolletta”, considerato quanto dichiarato dal Ministro Cingolati nell’evento ENEA, se ne va nel riscaldamento degli edifici: 12 miliardi di euro/anno. 

Ridurre del 50% (minimo sindacale ma serve un obiettivo più forte) i consumi attraverso interventi di riqualificazione energetica non solo è possibile ma è un fatto reale e concreto, che significherebbe ridurre il “costo bolletta” di 6 miliardi/anno. Questi i dati riferiti al 2019 mentre attualmente il costo è di gran lunga maggiore.

In ogni caso tutto ciò rappresenta un importante riduzione di costi: il problema è che nessuno ne parla e così continuiamo a NON investire e fare ulteriore debito rendendoci poco credibili a livello internazionale.

Al contrario investendo, e non facendo debito, ci si può porre a livello internazionale con la dovuta credibilità offrendo al Paese una via di uscita, un sostegno ed uno sviluppo strategico corretto.  

La filiera che compone il settore della riqualificazione energetica può giocare un ruolo strategico e straordinario, supportando il Paese Italia verso la vera ed unica transizione energetica (attenzione: non ecologica!) di cui si deve parlare. 

L’OBIETTIVO DECARBONIZZAZIONE DEVE ESSERE CENTRALE E STRUTTURATO

L’obbiettivo di “decarbonizzazione” degli edifici esistenti non può essere relegato a due righe scritte di un qualsiasi programma elettorale (sempre con una distinzione) ma deve essere posto al centro di un’agenda energetica ed economica dell’intero Paese.

Solo attraverso una profonda riduzione del fabbisogno energetico primario degli edifici si può pensare di produrre energia (sotto ogni forma) attraverso rinnovabili o con altri fonti e di rendere tali investimenti non solo utili ma anche efficaci e produttivi: altrimenti si fa la fine di quando si cambiavano le centrali termiche dei condomini e solo successivamente si isolavano gli involucri degli stessi: una follia, tecnica ed anche economica.  

Certo per fare ciò serve una visione di medio periodo, serve investire nel Paese, serve avere un piano di azione strategico energetico solido ed una classe dirigente che sia all’altezza. 

 COME RAGGIUNGERE L’OBIETTIVO 

Guardando al 2030 come prima tappa utile ad un forte processo di riduzione dei consumi e dei fabbisogni energetici primari, supportando l’intera filiera del nostro settore con adeguati incentivi fiscali (il tanto vituperato Superbonus che a detta di ricerche autorevoli, l’ultima di NOMISMA e di ANCE EMILIA, non è poi così dannoso, anzi!) ed incentivando la cessione del crediti fiscali rendendola una volta per tutte chiara e semplice attraverso un accordo tra tutte le parti in causa, affinché a tutti gli attori coinvolti siano chiari i parametri e gli ambiti di utilizzo, evitando quanto sta accadendo da mesi nel nostro settore con il solo risultato di mettere in ginocchio anche una filiera produttiva fondamentale per il PIL Italiano. Serve una svolta urgente, oggi. Anche qui il domani è già tardi. 

E per una volta rendendo strutturale l’intero sistema così da consentire investimenti e processi produttivi adeguati, guardando avanti e guardando almeno alla prima tappa: il 2030 è lì che ci aspetta!

Certo a chi vende energia questa soluzione non piace …. ma serve al Paese. 

Solo così se ne uscirà: solo passando da un processo di riduzione del fabbisogno energetico degli edifici esistenti e di investimento in nuove fonti produttive. 

E serve una forte azione da parte di tutta la filiera che unita ne possa portare le istanze nelle sedi opportune per far capire alla classe dirigente attuale e futura di cosa stiamo parlando. 

Diversamente non ne usciremo ….  e questa volta “andrà tutto bene” non sarà sufficiente.  

Manuel Castoldi, Presidente di RETE IRENE

VEDI L’ARTICOLO “IL CAMBIAMENTO DEL CLIMA: IN 30 ANNI MILANO COME IL TEXAS

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